Bepi Marzulli

Bepi Marzulli

Barese di nascita, studi superiori a Torino e Roma, la sua città di adozione, Bepi Marzulli è iscritto all'Albo dei Giornalisti dal 1977. Le origini familiari, radicate nell'imprenditiorialità di cinema e teatro, gli hanno consentito, giovane studente universitario, di accostarsi al mondo dell'editoria scrivendo numerosi soggetti e sceneggiature per la più importante casa editrice di fotoromanzi, la Lancio, di cui, anni dopo, è stato Direttore Generale. Ha lavorato per molti anni a Parigi, a capo della Rusconi France, dirigendo riviste di moda come Femme e Mariages, di arredamento, Décoration Internationale, e di archeologia come L'Archéologue e Archéologie Nouvelle

Tornato a lavorare in Italia, ha creato e dirige da oltre vent'anni Axioma, una società di outsourcing editoriale che produce periodici e contenuti giornalistici per Editori come Mondadori, Rizzoli Rcs, Cairo. Collabora con varie testate, scrivendo di vari argomenti tra cui enigmistica e gastronomia.

Un giochino di parole, un tentativo di sdrammatizzare quello che sembra essere un vero problema per molti di noi: l'orlo dei pantaloni che amiamo indossare. Forse prima dell'orlo dovremmo occuparci dei pantaloni, perché i jeans non sono la stessa cosa di un pantalone di morbida lana o di un elegante gabardine. Ma, gira e rigira, sappiamo bene che esistono al massimo tre paia di pantaloni che amiamo e che siamo soliti indossare: i jeans, quelli che non richiedono una giacca e quelli che fanno parte dell'abito di circostanza.  

Cannes

Se non siete mai stati a Cannes, in Costa Azzurra, dovreste proprio andarci. Non tanto per il notissimo Festival del Cinema che si svolge a maggio e nemmeno per il clima dolce che caratterizza ogni stagione dell'anno. Dovreste andarci per assistere a qualcosa di incredibile e di inusuale, che si può apprezzare sempre, d'estate e di inverno, di giorno e di notte, a tutte le ore. Mi riferisco al modo in cui l'amministrazione cittadina spende il denaro dei contribuenti.  

“C’era una volta un piccolo uomo, cresciuto in una villa bellissima con animali, cavalli, cani e gatti. Il suo rapporto con la natura aveva qualcosa di particolare, un rapporto umano quasi d'amore, a contatto con la terra e l' erba. Questo piccolo uomo, amava curare le rose del suo giardino e coltivare iris e crochi… Aveva imparato dalla sua amata nonna, che se la rosa veniva piantata in un vasetto, lì si moltiplicava. E lui, delle rose, era innamorato…”

Conosco Maurizio Marinella da molti anni, da quando lo incontrai per la prima volta nel suo famoso negozio di Napoli, sempre affollato di clienti e di celebrità. Un uomo semplice, ma elegante nel portamento e nei modi. Un napoletano vero, d'altri tempi. Mi accolse con particolare calore, con la stessa affabilità e cortesia che riserva ai personaggi celebri della politica, della scienza, della società civile che riceve ogni giorno.

Lo confesso: non mi sono mai fidato troppo del “pain perdu”. Conosco bene la cucina francese e l'apprezzo come pochi. Ma quell'idea di pane perduto, quasi da buttare, non mi ha mai ingolosito, né interessato. Tanto che non figura neppure tra gli oltre duecento titoli del mio recente libro “Storie di cucina”, che da novembre sarà in libreria per Piemme Edizioni.

Mangiare una pizza sul terrazzo di un albergo di lusso, non è facile. Se poi l'albergo è nel pieno centro di Roma e dal suo terrazzo è possibile ammirare tutta la città, allora si ha l'impressione di vivere un'esperienza unica ed irripetibile. A me è capitato l'altra sera. 

Ho appena finito di leggere le oltre cinquecento pagine di un libro del grande Dan Brown: Origin. L'ultimo romanzo dello scrittore americano, famoso per i precedenti thriller di grande successo Angeli e Demoni, Il codice Da Vinci  e Inferno, ha per protagonista il solito professor Robert Langdon, che insegna iconologia e simbolismo religioso all’università di Harvard. 

Se non conoscete il significato della parola “tajine", siete più o meno allo stesso livello in cui mi trovavo io fino a questa estate. Rassicuratevi: ignorare cosa significhi “tajine” non è grave. È al massimo imperdonabile. Prima di tutto, vediamo: si tratta “della" tajine oppure “del" tajine, secondo voi? Se non lo sapete ve lo dico io: il tajine è di genere maschile, anche se si tratta di una pentola, di un recipiente per cucinare. 

Questa è una piccola storia, per qualche verso parla di cibo, ma la sua vera essenza è la solidarietà, senza scopi né secondi fini. Quella che fa bene al cuore. Avrete certamente sentito parlare della questione riguardante gli scolari italiani ai quali si vorrebbe impedire per legge di portarsi il cibo da casa. L'imperativo è socializzare e la mensa scolastica è il luogo dove cominciare. Leggete cosa è accaduto in Scozia.

 

Sempre in competizione tra di noi, è una costante della nostra italianità. In fin dei conti proviamo più soddisfazione a vincere su un avversario della porta accanto che su un competitor che viene da lontano e che non conosciamo neppure. È accaduto ancora una volta pochi giorni fa a Bologna.