Se avete una moglie francese, o almeno esperta di cucina d'Oltralpe, e non vi ha mai preparato una sauce gribiche, siete in credito. Credetemi, ve lo dice uno che, manco a dirlo, ha una moglie che più francese non si può, essendo parigina, e che oggi vivendo un particolare stato di grazia culinaria, gli ha preparato un piatto eccezionale: asperges blanches en sauce gribiche. Per chi non mastica la lingua francese (ma c'è poco da masticare): asparagi bianchi in salsa gribiche.

UN DOLCE PER LA REGINA TRISTE

La chiamavano “la regina che non ride mai”. Una ragazza carina, ma piccola, minuta, vestita sempre con estrema semplicità. Non sopportava la vita di corte e disdegnava anche la classe nobile alla quale apparteneva. Maria Teresa d'Asburgo-Teschen (1816-1867) divenne Regina, quando all'età di ventun anni andò sposa a Napoli di Ferdinando II di Borbone (1810-1859) Re delle Due Sicilie, vedovo di Maria Cristina di Savoia e padre del piccolo Francesco, che sarebbe succeduto al padre.

Caro Bepi, quando ti ho chiesto di trattare l'argomento bignè in occasione del tuo onomastico ero curioso della tua speciale attitudine “filologica” e “semantica” su tutto lo scibile in cucina. Però non avevo considerato che avrei potuto sollecitare il solito imbarazzo campanilistico su tutto quello che Italia e Francia condividono. E proprio a te che vivi in tutti e due i Paesi: solide radici italiane innestate di amore e savoir vivre d'Oltralpe. 

SAN GIUSEPPE E I SUOI BIGNÈ

Il rapporto tra il padre putativo di Gesù e quegli squisiti dolci, bignè o zeppole, che appaiono ogni anno in prossimità del 19 marzo, nelle pasticcerie di mezzo mondo, non è casuale. Intanto vorrei dire che Giuseppe, il falegname di Nazaret, non era un povero vecchio come spesso ci viene descritto dalla tradizione popolare. Era un uomo forte, aveva un buon mestiere e aveva deciso di metter su famiglia. La sua promessa sposa era la giovane Maria, figlia di brava gente. Ma un bel giorno, non si sa come, arrivò un angelo ad annunciare che proprio lei, la vergine Maria, era incinta. E per opera dello Spirito Santo.

i cannolicchi di mare!

Faccio subito una premessa: scrivo questo pezzo non per mia scelta, ma perché qualcuno mi ha chiesto di scriverlo. Non farò il suo nome, è chiaro, ma sappiate che mi ha rivolto, con molto garbo ma anche con una certa perentorietà, la richiesta di trattare in questo mio blog un argomento che gli sta particolarmente a cuore: i cannolicchi di mare!

«Quando da bambino, sulla riviera romagnola, imparai a “pescare” i cannolicchi vicino a riva, a pochi centimetri sotto la sabbia delle basse acque dell’Adriatico, non avevo mai sentito la parola bivalva. Di quei tubicini arrotondati con ai margini come una lama di rasoio, se ne tiravano fuori decine ogni giorno assieme alle telline.

ELOGIO DELLA COZZA

Sostengo da sempre che tra i frutti di mare le cozze nere sono l'assoluta eccellenza. Sento già la proteste di chi apprezza ostriche, capesante, vongole, cannolicchi, sconcigli, taratufi, telline, ricci, datteri, cozze pelose, fasolari, patelle e simili. Sì, sono tutti buonissimi, lo ammetto. Ma le cozze nere sono un'altra cosa, una classe diversa, incomparabile. Attenzione, però, perché non tutte le cozze nere sono a questo livello.

Tricase è una deliziosa cittadina con poco più di 17mila abitanti, nel profondo Sud del nostro Paese. Si affaccia sullo Jonio, poco lontano dal Capo di Santa Maria di Leuca, e vanta un mare a dir poco spettacolare. È nato lì Antonio Guida, uno degli chef più apprezzati in Italia e all'estero. Detiene un prestigioso blasone, le 2 Stelle Michelin, che la sua cucina al ristorante “Seta” dell'hotel Mandarin Oriental di Milano si è ben meritato. Racconta con orgoglio di avere cinque regole che rispetta sempre: non smettere mai di studiare; formare la squadra; concentrarsi sulle materie prime e sugli abbinamenti; organizzare la cucina e, la più importante, sperimentare sempre, a tutti i costi.

Chi non conosce l'ossobuco alla milanese? Da piatto tipicamente lombardo e meneghino, la sua fama ha superato i confini d'origine per approdare nei menu di grandi ristoranti e di piccole trattorie sparsi in tutto il mondo. Per i milanesi, che sono arrivati a conferire all'Oss Büs una sorta di riconoscimento di appartenenza indissolubile con il territorio, la De.Co. (Denominazione Comunale), questo è forse l'unico vero prodotto gastronomico la cui origine nessuno può negare alla metropoli lombarda.

Babà

Si chiamava Maria, discendeva da un'ottima famiglia ed era nata in Polonia, a Breslavia. Non particolarmente bella, ma colta, distinta e di buone maniere.  Quando suo padre si trovò ad affrontare un periodo buio della vita per la perdita del lavoro, Maria dovette trasferirsi con le sorelle in un piccolo paese francese, Wissembourg, in Alsazia.

Lo confesso: non mi sono mai fidato troppo del “pain perdu”. Conosco bene la cucina francese e l'apprezzo come pochi. Ma quell'idea di pane perduto, quasi da buttare, non mi ha mai ingolosito, né interessato. Tanto che non figura neppure tra gli oltre duecento titoli del mio recente libro “Storie di cucina”, che da novembre sarà in libreria per Piemme Edizioni.

“Delizioso! Buonissimo!” WHAT ELSE?

Se non conoscete il significato della parola “tajine", siete più o meno allo stesso livello in cui mi trovavo io fino a questa estate. Rassicuratevi: ignorare cosa significhi “tajine” non è grave. È al massimo imperdonabile. Prima di tutto, vediamo: si tratta “della" tajine oppure “del" tajine, secondo voi? Se non lo sapete ve lo dico io: il tajine è di genere maschile, anche se si tratta di una pentola, di un recipiente per cucinare. 

Sempre in competizione tra di noi, è una costante della nostra italianità. In fin dei conti proviamo più soddisfazione a vincere su un avversario della porta accanto che su un competitor che viene da lontano e che non conosciamo neppure. È accaduto ancora una volta pochi giorni fa a Bologna.

10 domande a Maurizio Marinella

È l'indiscusso re della cravatta in tutto il mondo. Da Parigi a Londra, da Tokio a New York non c'è uomo di classe che non aspiri a indossare una cravatta Marinella. La sua azienda si fregia di due blasoni eccezionali: l'Ordine della Giarrettiera, quale fornitore ufficiale della Casa Reale inglese e lo Stemma Borbonico. È Cavaliere al merito del Lavoro e tra i suoi clienti annovera Bill Clinton e Tony Blair, Nicolas Sarkozy e François Mitterrand, Giorgio Napolitano e Sandro Pertini, per non citare attori famosi e scienziati di fama mondiale. Maurizio Marinella ci dà appuntamento alle 7 del mattino (sì, proprio alle 7!), nella sua boutique al 287/a della Riviera di Chiaia, a Napoli, e ci accoglie con un vassoio di sfogliatelle ancora calde e un ottimo caffè fumante.

CROQUE MONSIEUR O CROQUE MADAME ?

Se non sapete che cosa sia un croque-monsieur, non conoscete niente della Francia e soprattutto di Parigi. Se, pensando di fare una vacanza a Parigi, non vi viene voglia di un croque-monsieur, meglio cambiare destinazione. Andate a Bruxelles dove forse vi verrà voglia di mangiare moules-et-frites. Oppure, se non vi piacciono le moules, cioè le cozze, potete andare a Londra dove al posto delle cozze vi daranno dei pesciolini fritti con le patatine e mangerete il regolare britannicissimo fish-and-chips. Ma, senza voler sminuire le glorie gastronomiche di altri Paesi, se fossi in voi mi informerei a fondo sul croque-monsieur e non rinuncerei affatto ad andare a Parigi...

«Il mio Champagne preferito è il Louis Roederer Cristal ». La persona che mi ha invitato a bere un calice di champagne a La Societé, a Saint-Germain-de-Prés, mi guarda quasi in imbarazzo, non si aspettava che rispondessi con tanta precisone alla sua domanda sulle mie preferenze in fatto di champagne. Mi rendo conto di avere fatto una gaffe, perché proprio in quel momento una bellissima ragazza ci sta già servendo due calici di uno champagne che non è certo il Louis Roederer Cristal…

LA COLATURA DI ALICI …

Non avete idea di quanti italiani abitino Parigi. Ve ne sono in tutti gli arrondissement, ma specialmente sulla Rive gauche. Il Quartiere Latino (5° e 6° arr.), per esempio, è abitato soprattutto da chi è a Parigi per motivi di studio. Sono giovani preparati e intelligenti, innamorati della nostra città di cui, a volte, conoscono aspetti e luoghi che noi neppure sospettiamo. Disponibili e cortesi, fanno presto amicizia e hanno un'incredibile capacità di adattarsi a parlare una lingua che non è la loro. Hanno una tale predisposizione ad apprendere usi e costumi locali che quasi li scambieresti per veri parigini.  

Si dice: “rosso pomodoro”, “verde pisello”, “giallo peperone”, ma avete mai sentito dire: “viola carota”? Mai, ci scommetto. Eppure, un tempo, il "viola carota" ci stava, eccome! In origine, infatti, i colori prevalenti della carota erano quelli della varietà violacea o quelli tendenti al grigio. 

 

COS’È ESATTAMENTE UN VINO BIO?

Ora che l’”etichettatura corretta” è supertrendy, la viticoltura bio sta conoscendo un notevole sviluppo da  10 anni… Quanto più conoscerete il vino e il suo universo, tanto più lo saprete degustare e condividere…

Sul menu di molti ristoranti parigini spicca uno dei piatti più famosi della cucina francese: i Tournedos Rossini. Si tratta di un classico che non potete assolutamente perdere…