ELOGIO DELLA COZZA

Sostengo da sempre che tra i frutti di mare le cozze nere sono l'assoluta eccellenza. Sento già la proteste di chi apprezza ostriche, capesante, vongole, cannolicchi, sconcigli, taratufi, telline, ricci, datteri, cozze pelose, fasolari, patelle e simili. Sì, sono tutti buonissimi, lo ammetto. Ma le cozze nere sono un'altra cosa, una classe diversa, incomparabile. Attenzione, però, perché non tutte le cozze nere sono a questo livello.

Non amo quelle spagnole, per esempio: sono troppo grosse e mancano di personalità. Non vado matto neppure per quelle piccole delle coste del Belgio o cozze-taranto-ricettadella Francia del nord. Mi piacciono poco le cozze sarde e neppure quelle della laguna veneta mi vanno a genio. Per me c'è (o c'era?) soltanto una specie di cozze nere che valgono davvero: quelle di Taranto. Hanno la giusta dimensione, una consistenza quasi croccante e un sapore incomparabile. Tutte qualità che si apprezzano soltanto se le cozze vengono mangiate crude.

«Sono gli spazzini del mare!», afferma qualcuno. Un mio simpatico amico al quale chiedo scaramanticamente: «A noi chi ci può ammazzare?», lui risponde telegrafico: «Una cozza!». Ed è vero, ha ragione. Ma c'è cozza e cozza, non sono tutte uguali.

Mangio cozze crude da quando avevo due o tre anni, giuro. Ma allora, un tempo ormai lontanissimo, mussels-in-tomato-sauce-picture-id509234657vivevo a Bari con i miei. E mio padre era un gran mangiatore di pesce crudo e di cozze. Ne mangiava quasi ogni giorno. Le apriva lui stesso, infilando la punta di un coltellino tra le due valve e staccando sapientemente il muscolo bianco che è una specie di serratura di cui la natura ha dotato il mitile (chiamo così la cozza per non ripetermi) dal corpo del mollusco. Un colpo netto, preciso e la cozza finiva in bocca, senza condimenti, soprattutto senza succo di limone. È lì che ho imparato a mangiarle. Ed è sempre lì, alla «scuola» di mio padre, che ho imparato a mangiare alici appena pescate, gamberi ancora saltellanti, polpi crudi e croccanti, ricci dai colori brillanti. Chi pensa che il pesce crudo nell'alimentazione umana sia stato inventato dai giapponesi, non ha capito niente.

unnamedMa torniamo alle cozze, a quelle cozze. Erano cozze di Taranto, allevate nel Mar Piccolo, e poi trasportate sulle coste adriatiche vicino Bari. Lì venivano lasciate a spurgare sulla piatta scogliera in appositi recinti, al centro dei quali emergeva una polla di acqua sorgiva, dolce. Le cozze restavano per un po' di tempo in quelle vasche di acqua dolce-salata come fossero alle terme di Saturnia o di San Pellegrino. Rigenerate, liberate da ogni impurità, erano pronte per essere mangiate. Crude, naturalmente. Una bontà indescrivibile, quasi7415691 un dono divino.

Devo confessare che da tempo immemore non mangio più cozze crude. Non sono più quelle di una volta, anche perché i mari non sono più quelli di una volta, i pescatori lo stesso, i venditori anche e così via. Se chiedete le cozze di Taranto, non sanno neppure che a Taranto c'è il mare, anzi due. Insomma, non mi fido.

Ed ecco che quando mi capita, soprattutto in Francia o in Belgio, non resisto e, se le trovo sul menu, ordino moules et frites. Di fritto ci sono le patatine (buone, per la verità), di cotto le moules, cioè quelle piccole cozze nere che per dar loro almeno un po' di sapore devono cuocerle nella crema di latte con tante erbette e spezie che Dio solo sa.

Cozze-gratinate-2

 

Lo so, pensate che io sia un romantico laudator temporis acti, come direbbero i latini o le persone che hanno studiato. Pensate che in fondo a me delle cozze nere, crude o cotte, tarantine o meno, non me ne importi un bel niente. Forse pensate che io abbia soltanto nostalgia del tempo andato.

Chissà, potreste anche avere ragione.

Letto 638 volte Ultima modifica il Mercoledì, 11 Marzo 2020
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Bepi Marzulli

Barese di nascita, studi superiori a Torino e Roma, la sua città di adozione, Bepi Marzulli è iscritto all'Albo dei Giornalisti dal 1977. Le origini familiari, radicate nell'imprenditiorialità di cinema e teatro, gli hanno consentito, giovane studente universitario, di accostarsi al mondo dell'editoria scrivendo numerosi soggetti e sceneggiature per la più importante casa editrice di fotoromanzi, la Lancio, di cui, anni dopo, è stato Direttore Generale. Ha lavorato per molti anni a Parigi, a capo della Rusconi France, dirigendo riviste di moda come Femme e Mariages, di arredamento, Décoration Internationale, e di archeologia come L'Archéologue e Archéologie Nouvelle

Tornato a lavorare in Italia, ha creato e dirige da oltre vent'anni Axioma, una società di outsourcing editoriale che produce periodici e contenuti giornalistici per Editori come Mondadori, Rizzoli Rcs, Cairo. Collabora con varie testate, scrivendo di vari argomenti tra cui enigmistica e gastronomia.

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